“Un’autentica sorpresa per molti è stata invece Veronica Simeoni: la sua Azucena, lontana dall’abusato cliché della vecchia zingara, esibisce un’ammirevole linea di canto, tecnicamente e stilisticamente attrezzata [...]“
di G. Gualerzi – Famiglia Cristiana
Secondo Caruso, l’opera esigeva le quattro migliori voci del mondo. La Fenice di Venezia ci ha provato, dopo trent’anni, con Meli, la Siri, la Simeoni e Vassallo.
Caruso affermava che Il trovatore ha solo bisogno dei quattro cantanti più grandi del mondo. Certo è che la scarsità di cantanti adeguati influisce sulla scarsa frequenza di esecuzione questo titolo fra i più popolari del teatro lirico. Alla Fenice di Venezia è riapparso ora dopo una trentina d’anni, sotto la bacchetta appassionata di Riccardo Frizza, che ha quasi sempre trovato colori giusti, ritmi esatti, sonorità azzeccate. Lorenzo Mariani ha utilizzato il ben noto allestimento di William Orlandi con l’efficace ausilio delle luci curate da Christian Pinaud, per una regia accettabile nello scontato rispetto della tradizione.
La compagnia di canto era fra le migliori oggi reperibili. C’era una legittima aspettativa per l’esordio quale Manrico del trentenne Francesco Meli, che ha fatto onore alla fama goduta di essere oggi la più bella voce di tenore prodotta in Italia. [...] L’uruguayana Josè Maria Siri, da qualche tempo inserita nel novero dei soprani cosiddetti drammatici [...] ha offerto un quarto atto pressochè da manuale, emergendo nell’ardua cabaletta.
Un’autentica sorpresa per molti è stata invece Veronica Simeoni: la sua Azucena, lontana dall’abusato cliché della vecchia zingara, esibisce un’ammirevole linea di canto, tecnicamente e stilisticamente attrezzata, cui manca ancora la pienezza del colore drammatico per rendere giustizia al personaggio. Lodato come merita il Ferrando del preciso e solerte Giorgio Giuseppini, a completare il cast c’era il baritono Franco Vassallo, al quale la voce non fa certo difetto né come quantità, né come qualità. [...] LINK