di Gilberto Mion
LINKForse la grande mattatrice della serata è stata però il mezzosoprano Veronica Simeoni: una Azucena di classe decisamente superiore, dalla voce insolitamente chiara e flessuosa, priva di certe oscene cavernosità che fanno scadere il personaggio nel grottesco. E poi, che dire della ricchezza di sfumature e di tinte, della grande finezza nel dosare le oscillazioni psicologiche (verrebbe da dire psicotiche) della zingara; e del continuo rispetto delle annotazioni tra ‘forte’ e ‘piano’ – Verdi non ha lesinato nello spartito le raccomandazioni – che caratterizzano soprattutto «Stride la vampa» (dove pienamente si abbandona al ritmo puntato dell’orchestra), ma anche i due dialoghi con Manrico e quello con i feroci armigeri del Conte. Brava, e tanto, anche nel restiturci le trepide emozioni dell’ultimo rassegnato canto di «Addio ai nostri monti».