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di Luca Belloni

Primo premio al concorso Pavarotti di Modena nel 2008, primo premio e premio del pubblico al Viotti di Vercelli (2008), secondo premio al Voci Verdiane di Busseto (2008), vincitrice del concorso A. Belli del Teatro Lirico Sperimentale di Spoleto (2005), questi alcuni dei riconoscimenti di Veronica Simeoni, mezzosoprano, che due giorni fa ha interpretato Didone ne “Les Troyens” di Berlioz a Valencia. L’ha intervistata per ilsussidiario.net Luca Belloni.

Rigraziandoti per la tua disponibilità, ti chiederei innanzitutto di raccontare ai nostri lettori il percorso che, dal tuo incontro con la musica, ti ha portata fino alla decisione di intraprendere professionalmente la carriera della cantante. In sintesi: ci puoi descrivere la tua “vocazione” artistica?

Non provengo da una famiglia di musicisti, mi sono avvicinata alla musica da assoluta dilettante. Facevo parte di un coro amatoriale, dove si cantava polifonia sacra; un bel giorno però fui catturata da un programma in televisione, una non-stop su Maria Callas per il ventennale della sua morte; beh, posso solo dire che non riuscivo a staccarmi in nessun modo dal televisore, e per me fu come la rivelazione di un mondo ancora sconosciuto ma evidentemente sempre in qualche modo sognato e intuìto: alla fine della trasmissione la decisione era presa: volevo cantare come lei…

Nonostante la tua giovane età, sei considerata una delle “voci” più interessanti del panorama musicale internazionale. Seguendo il tuo lavoro da tempo ho potuto notare il tuo repertorio decisamente molto ampio che va dalla musica barocca al Novecento di Britten, Shostakovich, Stravinsky o Vaughan-Williams (il cui Magnificat è stato da te magistralmente interpretato al Teatro alla Scala) passando per i grandi ruoli classici del registro di Mezzosoprano (Azucena, Charlotte, Carmen, Dalila). Ci puoi dire qual è la “molla” che ti spinge a frequentare un repertorio così interessante e variegato?

Innanzitutto grazie per la “giovane età” e i vari complimenti… Conosco poche persone abituate a nutrirsi di cinque o sei cose solamente, nella stragrande maggioranza dei casi ogni individuo è tentato di assaggiare più cose, anche totalmente diverse tra loro! Beh, io rientro tra queste ultime, mi piace “provare” generi diversi, ma sempre e comunque di grandissimo livello artistico. Diciamo che quello che mi spinge è la curiosità e la sfida. Ovviamente cerco sempre di scegliere le cose più adatte alla mia vocalità, alla mia musicalità e sensibilità, sono dell’idea che non si può cantare tutto benissimo.

Venerdì sera hai interpretato a Valencia il meraviglioso ruolo di Didone ne “Les Troyens” di Berlioz. Si tratta di una parte singolarmente complessa sia per le difficoltà musicali che per l’impegno scenico che richiede. Come ti sei preparata, quale lavoro occorre fare per avvicinarsi a un personaggio?

Credo che questo sia stato il ruolo più impegnativo affrontato da me, sotto tutti i punti di vista. La preparazione in casi come questo riguarda l’alimentazione, frutta e verdura, il sonno, 8 ore a notte, e la piscina… scherzi a parte (tutto vero comunque), oltre a una preparazione quasi atletica cerco di fare un lavoro specifico sullo spartito in toto, sia dal punto di vista prettamente musicale che dal punto di vista testuale-librettistico. Naturalmente non tralascio l’approfondimento della letteratura critica sull’autore e sul titolo in particolare. Tanta parte però di questo mio lavoro è lasciata all’istinto, un istinto proprio del cantante, difficilmente spiegabile, che viene fuori nel momento in cui si comincia sul serio a far musica (in poche parole, una volta imparate le note).

Hai studiato con Raina Kabaivanska, artista di singolare generosità che costituisce a mio avviso uno dei rari veri “maestri” che un giovane cantante oggi può incontrare. Ci puoi dire qualcosa del rapporto umano e didattico con il grande soprano bulgaro?

Conosco ormai Raina Kabaivanska da cinque anni, dire che è la mia maestra è riduttivo: è una donna eccezionale, oltre che l’artista che tutti conoscono. Tutto quello che so fare lo devo a lei, mi ha insegnato a cantare, ma non solo… E’ una persona generosissima sotto tutti i punti di vista e mi sento molto fortunata ad averla incontrata. Abbiamo studiato tanto, è una maestra molto esigente e severa, giustamente! Cantare non è uno scherzo, non ci si improvvisa cantanti e il canto esige rispetto e dedizione. Le voglio bene… tutto qui.

Nelle tue interpretazioni un aspetto che mi ha sempre colpito, al di là del rarissimo timbro della tua voce, è il connubio tra una visione rigorosa della pagina e una grande libertà espressiva, segno (a mio parere) di un rapporto con l’arte che coinvolge interamente la tua persona (ragione e sentimento). Alla luce di queste considerazioni ci puoi dire cosa rappresenta per te la musica?

È proprio da questo connubio tra ragione e sentimento che proviene la libertà che fa la musica… Ecco, per me la musica, e il canto in particolare, sono una forma di libertà, un modo per esprimere quello che sono.

Quali saranno i tuoi prossimi impegni?

Il “Requiem” di Maderna alla Fenice di Venezia con Chailly, “Nabucco” al Teatro Massimo di Palermo e successivamente, al Teatro alla Scala, “Falstaff” con Bruson a Reggio Calabria, la Terza Sinfonia di Mahler a Bologna con Fish, “Il Trovatore” a Bordeaux e “Madama Butterfly” a Cagliari.

Per concludere ti chiederei di scegliere un brano del tuo repertorio da proporre ai nostri lettori, motivando la tua preferenza e introducendo brevemente la pagina.

Dal mio repertorio potrei proporre un brano del Trovatore, “Condotta ell´era in ceppi”: ho debuttato in quest’opera un paio d´anni fa a Spoleto e devo dire che mi sono trovata molto a mio agio nell´interpretare un personaggio così visionario, ambiguo, e pieno di passioni contrastanti, il bello è però che lei esprime i suoi sentimenti sempre con una chiarezza e un´immediatezza che hanno qualcosa di conturbante; anche poter affrontare la vocalità di questo ruolo mi ha dato una particolare soddisfazione; è una vocalità dalle molte facce, dalle tante luci e molte ombre, e scopre in profondità tutti i segreti del registro mezzosopranile con quella precisione e inequivocabilità, nel segno musicale, che rende la scrittura di Verdi così assolutamente esemplare. Se mi è consentito, vorrei però segnalare anche un´altra cosa: il tempo lento dal concerto in Re minore per due violini di Bach; è davvero incredibile come quest´altro genio dimostri una padronanza così assoluta dei mezzi melodici; ci fa dimenticare che si tratta di musica per strumenti, sembra che l´ispirazione attinga alla profondità delle fonti più remote del “cantare”… canto pieno di conferme di amore universale. E’ uno dei pezzi di musica che in assoluto preferisco e che ogni volta mi commuove e mi sbalordisce anche un po’… mi piacerebbe condividere questa esperienza anche con i tuoi lettori.

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